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Sviluppo dell'Agricoltura

La Domesticazione delle Specie Selvatiche

Sin dai tempi più remoti gli agricoltori hanno focalizzato la loro attenzione su poche specie che risultarono economicamente redditizie e più adatte alla coltivazione. L'utilizzazione prolungata di queste piante e la continua selezione che sin dall'inizio l'uomo effettua su di esse, determinarono col tempo la domesticazione di queste specie stesse. Non bisogna far confusione tra coltivazione e domesticazione di una pianta. La domesticazione comporta delle mutazioni genetiche che rendono una pianta piu adatta alle condizioni di un ambiente creato dall'uomo e meno adatta alle condizioni di un ambiente naturale. Conseguentemente alla domesticazione le piante subiscono profonde modificazioni a livello di di quelle parti che presentano maggiore interesse per l'uomo. Così, se si tratta di un tubero, la più grande variazione e la piu grande deviazione dal tipo selvatico si avrà nel tubero stesso; se si tratta di un cereale, le parti piu modificate saranno la spiga ed i chicchi che essa contiene. L'esempio più straordinario è quello della specie selvatica Brassica oleracea che, come risultato dell'influenza dell'uomo, è stata modificata in una mezza dozzina di modi. Le principali piante alimentari utilizzate in tutto il mondo hanno subito questa sorte, anche se, in molti casi, si tratta di specie utilizzate intensivamente da non più di trecento anni. La patata, per esempio, è originaria delle regioni montuose delle Ande, ed è rimasta confinata in questa zona fino a che gli europei non vi arrivarono nel XVI secolo. Poco dopo fu portata in Europa, ma non era molto adatta alle condizioni agricole locali, ed entrò in un periodo di acclimatamento, soprattutto per adattarsi alle giornate lunghe, tipiche delle estati europee. Benchè gli europei inizialmente fossero restii a cibarsene, la patata trovò una dimora congeniale nell'Europa settentrionale e divenne così produttiva da procurare, a detta di alcuni storici, una piccola esplosione demografica. Anche altre colture importanti, come gli agrumi, il pomodoro, la barbabietola da zucchero, la canna da zucchero, hanno dato solo di recente un contributo importante alle disponibilita alimentari del mondo, di solito in luoghi diversi e, a volte, lontanissimi da quelli nativi. Al giorno d'oggi, l'alterazione implicata nel processo di domesticazione di queste specie è arrivata al punto in cui esse risultano adattate esclusivamente ad un ambiente artificiale: le piante coltivate dipendono totalmente dall'uomo per la loro sopravvivenza. D'altro canto, possiamo dire che la specie umana è stata a sua volta domesticata da queste piante e dai pochi animali che alleva. La conseguenza è che la popolazione umana in gran parte del mondo o muore di fame a seconda dell'andamento produttivo di quelle poche specie di piante (e di quei pochi animali) che rappresentano la base alimentare dell'Uomo. Da sempre gli agricoltori hanno tentato di migliorare la produttività delle specie in coltura selezionando varietà che fossero piu resistenti all'attacco di malattie, garantendo una resa migliore. In questi ultimi anni si sta sviluppando un nuovo approccio al problema che tende ad ampliare le possibilità esistenti in natura, piuttosto che selezionare artificiose varietà nuove. Il 65 % delle specie vegetali (ca. 500.000) si trova nei paesi in via di sviluppo, una metà di queste nelle foreste tropicali. Qui possono essere trovate piante capaci di resistere spontaneamente a malattie, parassiti, e forzature climatiche, caratteristiche ereditarie che è possibile trasferire nelle nostre specie coltivate. La FAO (Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura) e l' UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) hanno programmato la creazione di banche genetche atte a conservare stock di semi o colture i tessuti vegetali potenzialmente utili. Già gli esempi di piante in coltivazione migliorate grazie alla acquisizione di caratteristiche da parte delle loro forme selvatiche sono numerosi. Consideriamo, per esempio, il caso del riso: a partire dal 1970 un'epidemia virale distrusse oltre 116.000 ettari di risaie in Indonesia, India, Vietnam, Filippine e Ceylon. Attualmente, in tutta quest'area geografica si coltiva una varietà di riso ottenuta da incroci tra Oryza sativa con una specie selvatica, Oryza nivara, o meglio, con un suo ceppo isolato nell'India centrale, l'unico che possiede la caratteristica ereditaria (gene) della resistenza al virus. Accanto ad iniziative come questa della FAO e dell'UNESCO che hanno dato dei risultati sicuramente incoraggianti, vanno menzionati altri processi intrapresi negli ultimi tempi. Bisogna innanzitutto considerare l'aumento di terreni destinati alla produzione agricola, un processo in corso in tutto il mondo, dall'America alla Siberia, dall'Australia alla Cina, che ha consentito un notevole incremeto produttivo. Secondo stime sviluppate recentemente, circa il 30 % delle terre emerse potrebbe essere sfruttato per fini agricoli; attualmente ne utilizziamo solo il 10 %. Questo dato può sembrare confortante, ma va aggiunto che la spesa necessaria per rendere coltivabile un'area mai utilizzata è altissima, per cui, sebbene i mezzi odierni a disposizione potrebbero rendere fertili terre inutilizzabili fino ad un secolo fa, l'espansione delle terre coltivate è estremamente lenta. La strategia adottata dalla gran parte delle nazioni è sempre stata quella di convogliare tutti i fondi disponibili sulle aree già coltivate, tentando in vari modi di aumentarne la produttività. Questa tendenza ha portato nei primi anni del secolo alla nascita dell'agricoltura intensiva negli Stati Uniti e nelle altre nazioni occidentali.

Le conseguenze della Nascita dell'Agricoltura

Il passaggio all'agricoltura ebbe profonde conseguenze. Le popolazioni non condussero più un'esistenza perennemente nomade, potendo conservare il cibo non solo in sili e granai ma anche sotto forma di animali domestici. Oltre alle riserve di cibo, altri beni poterono esssere accumulati in misura di gran lunga maggiore a quella prima possibile. Inoltre, la terra potè essere posseduta e ceduta in eredità. Poichè l'attività di pochi poteva produrre abbastanza cibo per tutti, le comunità cominciarono a diversificarsi. Gli uomini divennero commercianti, artisti, banchieri, studiosi, poeti, dando vita a tutta la varietà che caratterizza le comunità moderne. Anche la densità di popolazione potè aumentare. Nelle economie basate sulla caccia e sulla raccolta di vegetali sono necessari, in media, 5 chilometri quadrati per la sussistenza di una sola famiglia. Una conseguenza diretta ed immediata della nascita dell'agricoltura fu l'aumento della popolazione. Una caratteristica peculiare dei gruppi nomadi è la rigorosa limitazione della loro composizione numerica. Una donna in continuo movimento non puo portare con sè più di un bambino, insieme ai bagagli familiari, per quanto questi siano ridotti. Quando i sistemi di controllo delle nascite non sono efficaci, essa ricorre all'aborto o, più frequentemente, allo infanticidio. Inoltre, esiste un'elevata mortalità naturale, in particolare fra i neonati, gli anziani, i malati, i menomati, e le donne gravide. A causa di questi motivi, le popolazioni nomadi tendono a rimanere poco numerose. Una volta affermatasi un'organizzazione di vita stanziale non vi fu più la stessa continua ed impellente necessità di limitare le nascite, e, nello stesso tempo vi fu anche un calo della mortalità, a causa delle migliorate condizioni di vita.

La Rivoluzione Verde

L'agricoltura intensiva o rivoluzione verde si basa, innanzitutto, su un considerevole impegno scientifico volto alla creazione di varietà di piante ad elevata resa produttiva; inoltre, rivestono un'importanza decisiva: una vasta applicazione dei concimi chimici ( poichè la fertilità del suolo è il fattore limitante della crescita nella gran parte dei casi), i mezzi per controllare le malattie e gli insetti nocivi, l'introduzione di un numero sempre maggiore di macchine agricole, ed una rete estesa di strade, di distribuzione elettrica e di comunicazioni. I risultati ottenuti dall'agricoltura intensiva sono rilevanti: la produzione di grano nel Messico si è quadruplicata dal 1950. Fra il 1968 Ed il 1972, India e Pakistan hanno raddoppiato la loro produzione di grano. La Cina, la più popolosa nazione della Terra , è divenuta autosufficiente dal punto di vista agricolo, per merito, in larga parte, dell'adozione di queste nuove varietà di piante. Purtroppo, l'agricoltura intensiva non è applicabile a qualsiasi terreno agricolo. Un suo uso su larga scala richiede zone scarsamente popolate e molto estese per consentire un guadagno netto rispetto alle spese molto alte da essa richieste. Negli Stati Uniti, interi stati sono formati da enormi estensioni pianeggianti che consentono una utilizzazione altamente remunerative di tecnologie molto sofisticate. La situazione è completamente diversa in molte altre aree della Terra, soprattutto nel terzo mondo, dove non esistono in molti casi, nè aree così estese da sfruttare, nè i mezzi, ingentissimi, necessari per impiantare colture intensive simili a quelle dei più ricchi stati occidentali. Un'altra grande lacuna che limita ulteriormente lo sviluppo dell'agricoltura nelle zone tropicali e subtropicali, è la mancanza di tecniche adatte alle caratteristiche di quegli ambienti; l'acquisto dei più sofisticati mezzi meccanici spesso si rivela totalmente improduttivo essendo questi progettati per contesti ambientali del tutto diversi.